
Grotta degli Innocenti, la Croce
Cenni storici
Questa Grotta ubicata a Betlemme, sotto la Grotta di San Giuseppe, ricorda la cosiddetta “Strage degli Innocenti”: il massacro di tutti figli i maschi sotto i due anni che Erode fece uccidere per paura di essere spodestato dopo la nascita di Gesù e come riportato dal Vangelo secondo Matteo:
Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: “Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più (Mt 2,16-18).
Cosa significa per gli Eremiti interiori del Cammino di Betlemme
Dalla Regola (1.2.3.):
Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8,28).
È il luogo in cui l’anima prega davanti alla croce per entrare nel mistero della passione, morte e resurrezione del Signore Gesù (Triduo pasquale) e imparare ad amare come Lui ha amato (cf Gv 15,12). Inizia un percorso di consapevolezza delle ferite profonde causate dai propri peccati o subite per le azioni di altri. È il luogo dove elabora il senso della sofferenza vissuta nella grazia della Misericordia di Dio, per cui si sente chiamata a partecipare volontariamente all’economia della salvezza: Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24).
Il senso della Grotta degli Innocenti
Poi, a tutti, diceva «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà (Lc 9,23-24).
Questa parola del Vangelo ci offre la chiave di lettura per comprendere il senso della Grotta degli Innocenti, in cui viene esercitata la pienezza del sacerdozio battesimale sull’altare del nostro cuore.
La croce è l’unico sacrificio di Cristo, che è il solo «mediatore tra Dio e gli uomini» (1Tm 2,5). Ma, poiché nella sua Persona divina incarnata, «si è unito in certo modo ad ogni uomo», egli «offre a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale». Egli chiama i suoi discepoli a prendere la loro croce e a seguirlo, poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme. Infatti egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari. Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre, associata più intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza redentrice. «Al di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo» (CCC 618).
Gesù ci invita quindi a seguirlo vivendo insieme a noi la sofferenza di ogni giorno. Vi sono luoghi esteriori in cui subiamo prove di ogni genere, che vanno poi trasferite in quel luogo interiore che è la vera Grotta degli Innocenti, dove la nostra fede elabora gli eventi e, con la grazia dello Spirito Santo, ci rende capaci di offrire a Dio la nostra sofferenza per trasformarla in carità. In questa grotta troviamo una sola cosa: la croce di Gesù, quella croce che il Signore ci invita a prendere ogni giorno per diventare come Lui. Il deserto in questa grotta diventa più deserto, mancante di consolazione, dove tuttavia matura e cresce la consapevolezza dell’Amore di Dio. Vivere la comunione con il Signore Gesù crocifisso infatti fa percepire la profondità di questo Amore in cui ognuno di noi è immerso: mare di dolore e mare di amore (s. Paolo della Croce). Dobbiamo ricordare l’esperienza della preghiera di s. Francesco di Assisi davanti al Crocifisso di s. Damiano per capire quanto possa essere importante per la nostra vita:
Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso–cosa da sempre inaudita! – l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra, «Francesco, – gli dice chiamandolo per nome – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito. Ma, a dir vero, poiché neppure lui riuscì mai ad esprimere la ineffabile trasformazione che percepì in se stesso, conviene anche a noi coprirla con un velo di silenzio (Vita Seconda di Tommaso da Celano cap.4 Fonti Francescane n. 593).
Davanti al Crocifisso s. Francesco viene chiamato per nome e gli viene conferita la sua missione particolare nella Chiesa. Quella preghiera ha un effetto trasformante per la sua vita e lo condurrà al compimento perfetto della sua identità cristica sul Monte della Verna quando, dopo aver ricevuto le stimmate dal Signore Gesù, sarà reso un «alter Christus».
La Lettera agli Ebrei ci ricorda che Gesù pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,8-10). Obbedire alla voce della Chiesa è obbedire alla voce di Cristo, che con l’azione del suo Spirito ci rende partecipi del mistero della redenzione. La Grotta degli Innocenti è infatti il luogo “privilegiato” in cui Dio ci chiama, da figli, a collaborare alla sua opera di Salvezza. È un luogo in cui dobbiamo imparare a mantenere un sacro silenzio, perché manifesta l’intimità più profonda con lo Sposo crocifisso che ci rivela il mistero di Dio (che) ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna (Gv 3,17).
La sofferenza è una condizione che tocca tutti e ognuno deve averne profondo rispetto e cura. La nostra sofferenza, vissuta per amore e nell’Amore di Dio, ci apre alla sofferenza dell’altro, vicino o lontano, e ci dona una ulteriore possibilità di vivere la carità evangelica: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,40). Solo la comunione con la Passione del Signore Gesù ci apre realmente il cuore al dolore del fratello:
Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza (Salvifici Doloris, 31).
Chi perderà la propria vita: perdere la propria vita per ritrovarla in Dio, questo è il senso della preghiera nella Grotta degli Innocenti. Significa scoprire in noi il dono grande del sacerdozio battesimale che ci permette di fare offerta di ogni momento della nostra esistenza e renderla a Colui che ce l’ha donata, per scoprire una vita piena perché ricolmata della sua Misericordia.
Si potrebbe sintetizzare questo percorso come una sorta di esodo che porta a vivere queste tappe: scoprire il dolore che giace in noi, soffrire, offrire / amare. Una volta raggiunto questo amore si soffre con amore, si offre per amore, si ama nell’Amore. Davanti al dolore l’uomo è di fronte a un bivio: odiare o amare… nella Grotta degli Innocenti sceglie di amare.
“Lo so che hai una domanda da farmi, la conosco.
Vuoi sapere il perché del dolore degli innocenti, il significato della sofferenza dei poveri, il perché della morte del Giusto.
Non lo sapevo il perché.
Quando ho conosciuto il Cristo me l’ha spiegato Lui.
Domandaglielo stasera: Lui te lo dirà.
E forse ti aggiungerà una frase che mi ha dato tanta speranza quando mi volle spiegare la salvezza universale, dovuta proprio alla vocazione che ha qualcuno di pagare per tutti.
“Non sfuggirete all’amore”.
Se nel Regno chiederemo agli innocenti che hanno sofferto per i peccatori, ai poveri che hanno pagato per i ricchi, ai torturati che hanno versato sangue per i prepotenti, se è stato giusto o sbagliato pagare così caro, ci sentiremo rispondere: «E’ stato necessario perché nessuno sfuggisse all’Amore»”.
(Carlo Carretto, Il deserto nella città, Ed. San Paolo, pag. 90)
Dall’Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate di Papa Francesco
La croce, soprattutto le stanchezze e i patimenti che sopportiamo per vivere il comandamento dell’amore e il cammino della giustizia, è fonte di maturazione e di santificazione. Ricordiamo che, quando il Nuovo Testamento parla delle sofferenze che bisogna sopportare per il Vangelo, si riferisce precisamente alle persecuzioni (cfr At 5,41; Fil 1,29; Col 1,24; 2 Tm 1,12; 1 Pt 2,20; 4,14-16; Ap 2,10) [GE 92].
Parliamo però delle persecuzioni inevitabili, non di quelle che ci potremmo procurare noi stessi con un modo sbagliato di trattare gli altri. Un santo non è una persona eccentrica, distaccata, che si rende insopportabile per la sua vanità, la sua negatività e i suoi risentimenti. Non erano così gli Apostoli di Cristo. Il libro degli Atti racconta insistentemente che essi godevano della simpatia «di tutto il popolo» (2,47; cfr 4,21.33; 5,13), mentre alcune autorità li ricercavano e li perseguitavano (cfr 4,1-3; 5,17-18) [GE 93].
«O Signore mio Gesù Cristo,
due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia:
la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile,
quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione,
la seconda si è ch’ io senta nel cuore mio, quanto è possibile,
quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio,
eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori».
(I Fioretti di San Francesco, FF 1919)
Esercizio Spirituale

Questa preghiera si sviluppa in tre fasi:
A) Contemplazione del dolore di Cristo: stai davanti alla Croce in silenzio. Se può aiutarti, medita un brano o un commento sulla Passione del Signore o prega una Via Crucis (Lettura proposta).
B) Offerta del proprio dolore: Segui il seguente percorso interiore silenzioso estratto dal libro Memoria profonda e risveglio, Libreria Editrice Fiorentina, di Antonella Lumini, eremita nella città di Firenze (pag. 72-77).
Percorso di scioglimento della preghiera di abbandono e di offerta.
Si fonda su un breve itinerario basato su tre parole: infero, sofferenza, offerta.
Derivano tutte dal verbo latino ferre: portare. Esprimono dei passaggi chiave. La preghiera di abbandono vissuta nel silenzio aiuta a far risalire quanto oscura la nostra anima, quanto pesa nel nostro cuore, perché rimosso, non accettato, non accolto, non sofferto. Lo Spirito Santo tutto vede e scioglie se noi acconsentiamo: Infero (da in-fero: porto dentro). Sofferenza (da sub-fero: sopporto, soffro). Offerta (da ob-fero: porto verso, presento, offro).
Lo stare, diviene il punto di forza. L’unica volontà è accettare la sosta in cui non volere più nulla. Stare lì in silenzio, ammutoliti. Farsi consumare. Lasciar fluire il rumore che sale in superficie. Lasciare uscire il pianto, il grido racchiuso nel cuore. Insieme porsi in ascolto della parola vera che ci abita. Ogni anima è una scintilla di luce che viene dalla luce. È concepita immacolata e anela alla luce. Nel suo fondo l’anima scompare a se stessa. È l’inabissamento, l’annichilimento. È il ritorno all’origine. La sosta consuma ciò che si frappone fra la scintilla interiore e la grande luce dello Spirito Santo. Spinge verso le barriere, le resistenze.
Prima sintesi delle fasi A) e B):
Dopo aver contemplato i dolori di Gesù, compi il percorso interiore per vedere in lui il tuo dolore, per portarlo in superficie e per offrirlo al Padre nello Spirito Santo.
In-fero: entra attraverso le piaghe di Gesù nella profondità di te stesso. Puoi entrarci rispondendo alla semplice domanda che il Signore ti pone: «figlio mio, come stai?». Rispondi con estrema verità e lasciati condurre al centro del tuo cuore. Per Cristo.
Sub-fero: il tuo dolore interiore ora è davanti a te, ne sei cosciente e decidi di portarlo con Gesù e per amore di Gesù. Il Signore si siede vicino a te, ti ascolta, ti comprende, ti accoglie. Con Cristo.
Ob-fero: offri il tuo dolore e la tua intera vita in unione all’offerta di Cristo attraverso il tuo sacerdozio battesimale. In Cristo.
La sintesi finale sarà il frutto di questa preghiera che ti conduce alla carità vissuta:
C) Amore al dolore altrui
Adesso volgi uno sguardo di misericordia verso coloro che ti sono vicini. Cerca di notare il loro dolore, di accoglierlo e di comprenderlo, come Gesù ha fatto con te. Può aiutarti questo semplice esercizio: guardare il Crocifisso mettendo il volto delle persone con le quali condividi la tua quotidianità. Prega il Signore di riuscire ad amarle e a portare a tutti la sua tenerezza. Ogni momento di preghiera deve renderci migliori, colmi di misericordia.
Inizia l’itinerario di preghiera davanti alla croce:
Lettura proposta:
Dal Libro della Genesi
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Gn 3,8-10).
Breve commento:
La voce infatti non giunge durante una tempesta che mette in pericolo la vita dell’uomo; è “la voce di un silenzio simile a un soffio”, ed è facile soffocarla. Finché questo avviene, la vita dell’uomo non può diventare cammino. Per quanto ampio sia il successo e il godimento di un uomo, per quanto vasto sia il suo potere e colossale la sua opera, la sua vita resta priva di un cammino finché egli non affronta la voce. Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Qui inizia il cammino dell’uomo. (Martin Buber, Il cammino dell’uomo). Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Ed. Qiqajon, Comunità di Bose, pag. 22-23).
Inizia la preghiera: «Dove sei?» …
Traccia per entrare in preghiera:
Eccomi Gesù, sono davanti alla tua croce, parlami dei tuoi dolori, donami la grazia di comprendere l’Amore infinito che mi riveli attraverso la tua passione, la tua morte, la tua discesa nel sepolcro.
Gesù, dalla croce tu mi attiri a te, solo qui posso fermarmi per capire che il mio dolore ha un senso, che tutta la mia vita ha un senso, perché tu sei morto per la mia vita, mi hai amato fino alla fine, ti sei fatto uomo per arrivare a quella fine, a quella morte… per me… solo per me…
Ora resto qui in silenzio, lascio che il tuo Spirito mi parli e mi faccia scoprire le tue orme nella mia fatica, nel mio dolore.
Tu, condannato, hai revocato ogni condanna; tu, oltraggiato, hai rimesso la tua causa in Dio; tu percorri la via del dolore e inciampi sul mio cuore di pietra versandovi il Sangue che mi salva.
Tu sei flagellato dai miei comportamenti, sei incoronato dalle spine delle mie parole offensive, sei spogliato dalla mia indifferenza e rimani inchiodato alla mia fragilità: io sono la croce sulla quale vuoi rimanere.
Tu non scendi dalla mia vita, rimani con me malgrado le mie incapacità, rimani con me sempre, perché mi ami di un amore infinito e solo davanti a te capisco che posso fidarmi totalmente. Nessuna creatura può prendere il tuo posto, nessuno può amarmi come tu mi hai amato, come mi ami ancora e mi amerai per sempre.
Ora scendo con te nel mio infero, in quel luogo che non potrei mai visitare da solo: tu mi dai la forza per entrare, per camminare nel buio della mia anima che geme…
Spiegami il senso della sofferenza che ho vissuto attraverso le porte delle tue piaghe, porte in cui fai scendere in me la Misericordia del Padre, in cui entro per contemplare la gloria del tuo Regno…
Tu mi dai la forza di guardare ciò che non vorrei mai guardare di me, tu mi fai capire che sei sceso lì, nel mio peccato, nel mio dolore, nelle ferite che mi hanno inferto, in quelle che io ho inferto, nelle fragilità e nelle prove che non riesco ad accettare…
Tu parti da questo luogo per amarmi… mi ami proprio da qui, da qui inizi a farti vedere, da qui, dove non vorrei mai stare, dalle cose che non vorrei scoprire di me, le cose di cui mi vergogno di più: TU SEI GIÀ LÌ AD ASPETTARMI!
La tua Luce è lì ad attendermi, tu sei lì a perdonarmi, ad aiutarmi a salire con te, ad accettare ciò che non ho ancora accettato di me: del mio passato, di ciò che sto vivendo nel presente della paura di ciò che dovrò affrontare nel futuro.
Lascio che tu faccia emergere il peggio di me, il mio infero, lo porto con te in superficie, stendo la mia mano inaridita, lo prendo sottobraccio, come il paralitico prende il suo lettuccio, e inizio a camminare verso di te, verso il tuo altare…
Lì, unito a te come tralcio alla vite, offro al Padre nello Spirito tutto ciò che sono e che ho scoperto di me, non lascio nulla fuori, offro tutto, lascio che tu mi liberi, respiro aria nuova, piango come un bimbo che emana il suo primo vagito: sono rinnovato!
Tu fai nuove tutte le cose… tu mi ami di Amore eterno e mi conservi pietà…In te risorgo!
Ora posso iniziare a guardare gli altri con i tuoi occhi, Gesù donami il tuo sguardo, la tua compassione, mi hai unito a te, mi hai fatto sentire che mi sei sempre vicino, ora fa che anche io resti vicino, come il buon samaritano, per scoprire che il mio prossimo ha il tuo Volto, un volto da amare…
Metto il volto di… al posto del tuo Volto, su quella croce: osservo i suoi lineamenti e li unisco ai tuoi, al tuo dolore, al mio dolore…
Gesù insegnami ad amare/perdonare/consolare/capire/accettare/accogliere/aiutare… nel tuo Nome. Amen.