La regola spirituale

Signore, non si esalta il mio cuore

né i miei occhi guardano in alto;

non vado cercando cose grandi

né meraviglie più alte di me.

Io invece resto quieto e sereno:

come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,

come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.

Israele attenda il Signore,

da ora e per sempre (Sal 131)

E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14)

Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me (Gv 14,6)

0. Introduzione

Questo percorso nasce da un’intuizione interiore che accoglie un sentire da sempre presente nella Chiesa, ma più urgente in questo momento storico. È indubbio che ormai la società contemporanea patisca una cultura del rumore, dove il silenzio sembra non trovare più lo spazio necessario per ricondurre le persone ad uno stato di pace interiore. In questo sottofondo, il desiderio del silenzio sembra prorompere con potenza in molte anime, consacrate o laiche, che all’interno della Chiesa, esprimono in vari modi questa esigenza. Tra questi si inserisce il Cammino di Betlemme, che vuole prendere spunto dall’esperienza umana del Verbo Incarnato.

Betlemme è il luogo privilegiato dove il Figlio di Dio si è manifestato come l’Emmanuele, Dio con noi. Fin dai primi secoli, Betlemme ha visto la presenza di cristiani che hanno sentito il bisogno di vivere stabilmente nei luoghi dove è avvenuta la nascita del Salvatore. Tra questi, ricordiamo san Girolamo e santa Paola. Questa nobildonna romana, vedova, con i suoi beni fece costruire una casa di accoglienza per pellegrini, un monastero maschile, guidato dallo stesso Girolamo, e un monastero femminile, dove anche lei prese dimora insieme alla figlia Eustochio. A memoria della loro presenza troviamo a Betlemme delle grotte facenti parte di un insieme di luoghi dai nomi significativi: il Campo dei Pastori, il Pozzo dei Magi, la grotta di San Girolamo, la Grotta degli Innocenti (che ricorda lo sterminio dei bambini da parte di re Erode), la Grotta di san Giuseppe, la Grotta del Latte e la Grotta della Natività, inseriti nel patrimonio artistico e religioso della Custodia di Terra Santa, tradizionale oggetto di visite e devozioni. A queste grotte bisogna aggiungerne un’altra, che non fa parte dei consueti percorsi e si trova alle spalle della Grotta della Natività. Si può visitare solo in casi eccezionali e vi si accede dalla cantina dei Frati Minori della Custodia. È la cosiddetta Grotta del Bagno del Bambino, che la tradizione indica come il luogo in cui Gesù fu lavato dopo il parto e, secondo varie ipotesi, potrebbe trattarsi della autentica Grotta della Natività.

Su queste basi è nata l’idea di sviluppare un percorso spirituale, molto semplice, che faccia riferimento alle grotte di Betlemme, precisando per ognuna di esse un significato simbolico, con l’obiettivo di aiutare chiunque desideri camminare verso una maggiore unione con Dio. Questo cammino è essenzialmente «spirituale eremitico-interiorizzato», cioè teso a vivere in maggiore profondità e solitudine il proprio rapporto con Dio. È un itinerario spirituale che ha come fine l’unione con Dio. È rivolto a battezzati di qualsiasi stato di vita, riconoscendo per tutti quella chiamata universale alla santità, che si fonda sul Battesimo. Vivendo la parola del Signore quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6,6), l’anima (1), davanti al santo Bambino, scopre di essere chiamata a vivere una fraternità universale, per cui questo percorso avrà il nome di Cammino di Betlemme.

  1. La struttura del Cammino di Betlemme

Il Cammino di Betlemme si struttura attraverso una decisione iniziale, un metodo preciso e il passaggio attraverso alcune tappe, legate a percorsi e discernimenti personali, che presentiamo in sintesi prima dei necessari particolari. Tutto avviene attraverso la rivisitazione simbolica dei luoghi legati alla cittadina di Betlemme: i nomi delle tappe e degli aspetti del metodo di preghiera rinviano a vari episodi descritti nei Vangeli dell’infanzia di Gesù o riportati dalla tradizione. La partenza del cammino coincide con un necessario momento di decisione: voler rinnovare la propria vita di preghiera. Per venire incontro a questo desiderio si offre un metodo preciso, che dovrebbe costituire la forma della futura preghiera personale. Si tratta di un metodo al tempo stesso classico e semplice, fondato sui pilastri della tradizione spirituale ecclesiale, ai quali sono dati i nomi di quattro grotte. L’applicazione costante permette di intraprendere un cammino spirituale, scandito da tre tappe, attraverso le quali si può riscoprire il valore della preghiera per la propria vita. Questa scoperta offre già un senso spirituale nuovo per un’esistenza vissuta nella fede, ma potrebbe suscitare una ulteriore chiamata ad offrirsi a Dio, in una vita di preghiera più intensa, mettendosi a disposizione per condividere ad altri il dono scoperto e ricevuto. Si può aprire, così, la seconda fase del cammino verso una consacrazione personale in questa spiritualità specifica ed ecclesiale che potrebbe avvenire in forme da stabilire, in accordo con la rispettiva autorità ecclesiastica e quanto prevede la legislazione della Chiesa.

    1. La necessaria decisione: l’ingresso nel Campo dei Pastori

Il percorso inizia con il simbolo del Campo dei Pastori, coloro che, in quella notte santa, vegliavano sul proprio gregge. Improvvisamente, la notte si illuminò e l’annuncio dell’angelo li condusse ad una grotta, dove fecero esperienza della gioia della salvezza. Partirono così come si trovavano e incontrarono il Signore, un Bambino nato per noi. Quell’evento ci dice in simbolo che i pastori siamo noi, la loro veglia è la nostra vita di preghiera. E come essi si alzarono di notte per andare alla grotta, così chi inizia il cammino risponde alla chiamata interiore per rinnovare profondamente il suo spirito di preghiera: Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43,19). A questo scopo il Cammino di Betlemme offre un metodo di preghiera che ha come riferimento la rilettura simbolica di alcuni luoghi da frequentare ogni giorno, almeno uno, nella preghiera personale: la Grotta di san Girolamo, la Grotta del Latte, la Grotta degli Innocenti, la Grotta della Natività.

1.2 La Custodia del Silenzio Ordinaria

La Custodia del Silenzio Ordinaria (formata dalle quattro Grotte illustrate di seguito) è una proposta di preghiera settimanale sulle letture liturgiche della domenica a venire, da vivere a seconda della propria situazione esistenziale o dei ritmi lavorativi e familiari. Tuttavia, la Grotta della Natività o Pustinia non deve mai mancare dal ritmo personale di preghiera. L’assidua frequentazione delle Custodie del Silenzio Ordinarie è di vitale importanza: senza una perseveranza fedele, il Cammino potrebbe risultare inutile e il progresso impossibile.

      1. Grotta di San Girolamo

Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino (Sal 119,105).

In questa grotta spirituale l’anima si rifugia per la lettura e la meditazione della Sacra Scrittura, prima di tutto, ma anche dei santi Padri o altri scritti canonicamente approvati. Secondo uno schema particolare (Bussola), l’orante è condotto a individuare quella Parola che Dio pronuncia sulla sua vita. Inizia così a scrivere un diario spirituale che consente di monitorare i progressi del proprio cammino.

      1. Grotta del Latte

Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore (Lc 2,19). La grotta rappresenta la preghiera mariana. Con essa l’anima si intrattiene in compagnia della Madre di Dio per impararne le virtù e lo stile di vita. Maria è modello principale per chi percorre questo cammino. Qui inizia a vivere la preghiera del rosario in modo contemplativo, interiorizzando i misteri della vita di Gesù e della Madre sua nella propria esperienza di vita.

      1. Grotta degli Innocenti

Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8,28). È il luogo in cui l’anima prega davanti alla croce per entrare nel mistero della passione, morte e resurrezione del Signore Gesù (Triduo pasquale) e imparare ad amare come Lui ha amato (cf Gv 15,12). Inizia un percorso di consapevolezza delle ferite profonde causate dai propri peccati o subite per le azioni di altri. È il luogo dove elabora il senso della sofferenza vissuta nella grazia della Misericordia di Dio, per cui si sente chiamata a partecipare volontariamente all’economia della salvezza: Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24).

      1. Grotta della Natività

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia […] perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is 9,1-2a.5a). Questa grotta è il luogo della preghiera profonda, dove ogni parola cessa e rimane solo il silenzio: Sto in silenzio, non apro bocca perché sei tu che agisci (Sal 39,9). Nella basilica della Natività a Betlemme (una delle grotte che all’inizio del cristianesimo venivano definite luminose o mistiche) si entra dalla porta detta dell’umiltà (misura infatti cm. 130 di altezza e 78 di larghezza). In quella grotta si può entrare solo inchinandosi davanti a Dio con spirito di adorazione, come fecero i Magi: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11). Il gesto fisico con cui si entra esprime il senso spirituale della grotta. Questo è il luogo della preghiera silenziosa, quando l’anima vive un abbandono fiducioso all’amore di Dio e sceglie la parte migliore, che non le sarà tolta (Lc 10,42). Si intendono per Grotta della Natività tutti quei luoghi dove è possibile vivere questo tipo di preghiera: una chiesa, un santuario, un angolo della casa o della propria camera. La tradizione dei cristiani di oriente li definisce col nome di Pustinia (deserto). In questi luoghi, con spirito eremitico, l’anima vive l’incontro intimo con Dio in un’esperienza di misericordia e rigenerazione.

La conoscenza del metodo di preghiera contenuto nelle quattro Grotte può essere usato per dare sistematicità alla propria orazione personale. Coloro che desiderano seguire tale metodo, senza impegnarsi nel percorso formativo costituito da 12 Custodie del Silenzio Straordinarie, sono chiamati Oranti del Cammino di Betlemme.

Per custodire la propria vita spirituale si richiede particolare attenzione e prudenza nei confronti di quanto minaccia l’unione dell’anima con il Signore. Di fronte ad una sempre possibile morte spirituale, abbiamo il simbolo della fuga in Egitto.

    1. Fuga in Egitto

Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto (Mt 2,13-14). La fuga in Egitto si ispira al racconto evangelico di Giuseppe che fugge in Egitto per difendere Gesù dalla morte. Rappresenta simbolicamente il combattimento spirituale, la fuga davanti al nemico (Erode) che vuole uccidere la presenza di Gesù nell’anima. Si tratta soprattutto delle tentazioni, molto forti e concrete, di soccombere nel peccato mortale. Lungo questo combattimento costante l’anima fa esperienza della rinuncia alla propria volontà, per difendere e accrescere la vita spirituale e il cammino verso l’unione con Dio. Con la frequentazione delle Grotte, tenendo sempre presente il valore della fuga in Egitto, ognuno percorre il suo cammino spirituale attraverso tappe descritte da nomi simbolici.

2. I luoghi simbolici per le tappe del cammino di Betlemme.

Le tappe sono indicate attraverso i luoghi simbolici del Campo dei pastori, dell’Alloggio dei pellegrini e del Pozzo dei Magi. Questa fase è accompagnata da una formazione mirata sull’approfondimento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana: le Custodie del Silenzio Straordinarie.

3. I luoghi simbolici per il discernimento e la formazione: il Campo dei pastori, l’Alloggio dei pellegrini e la Fonte dei Magi.

Questi luoghi geografici rappresentano simbolicamente l’evoluzione spirituale dell’anima, vista attraverso le fasi del suo cammino. Riteniamo utile il sostegno di un accompagnatore spirituale, che sia di aiuto per verificare la costanza nella preghiera e valutare il momento in cui l’anima possa passare alla fase successiva. I tempi dei passaggi sono soggetti sia alla sensibilità e impegno personali, sia alla misteriosa e imprevedibile iniziativa dello Spirito. Anche per questi motivi la figura di un accompagnatore spirituale è consigliata per una verifica che si fondi su una relazione ecclesiale, evitando i pericoli del soggettivismo e dell’autoreferenzialità.

3.1. Campo dei Pastori

Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio (Sal 83,6). Come accennato sopra, è l’inizio del Cammino di Betlemme. L’anima si sente chiamata in modo particolare a dare un nuovo senso alla propria vita spirituale, a fermarsi per riordinare le esperienze passate in una nuova luce e riorientarsi verso l’unione con Dio: Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre (Ger 6,16a).

Tu li nascondi al riparo del tuo volto, / lontano dagli intrighi degli uomini; / li metti al sicuro nella tua tenda, / lontano dai litigi delle lingue (Sal 31,21).

Atteggiamento indispensabile per questo inizio è la sobrietà delle parole, acquisita attraverso congrui momenti di silenzio, in preparazione all’ascolto e al colloquio interiore con Dio. Occorre dedicare tempo alla preghiera personale, secondo gli schemi proposti nelle quattro Grotte del metodo e impegnarsi nella partecipazione alle Custodie del Silenzio Straordinarie che vengono proposte da accompagnatori preparati per questo compito: sono gli Amici dello Sposo, così chiamati con una chiara allusione evangelica. Gli Amici dello Sposo sono Eremiti interiori che praticano il Cammino di Betlemme e che, accogliendo la chiamata di offrirsi a Dio nella preghiera, si mettono a disposizione del cammino spirituale di fratelli e sorelle. La loro figura apparirà chiara al termine dell’esposizione della Regola.

Nella fase del Campo dei Pastori, che possiamo assimilare alla via purgativa della tradizione spirituale, l’anima, seguendo un adeguato itinerario biblico, prende consapevolezza del senso del peccato e delle proprie fragilità e decide di iniziare un serio cammino di conversione, ripartendo dalla conoscenza del dono del Battesimo già ricevuto, ma che approfondirà attraverso catechesi appropriate. Tutti coloro che iniziano il percorso formativo verranno chiamati Viandanti del Cammino di Betlemme fino all’Altare dell’Offerta. Momento culmine di questa tappa è il rinnovo con piena coscienza delle promesse battesimali, chiedendo l’intercessione di Maria, Madre della Chiesa, alla quale ogni Viandante si affida.

3.2. Alloggio dei Pellegrini

Cercate le cose di lassù (Col 3,2). Dal Campo dei Pastori si passa alla tappa dell’Alloggio dei Pellegrini, quando si suppone che l’anima abbia già preso un ritmo stabile di preghiera. Durante la settimana vive fedelmente le Custodie del Silenzio Ordinarie, soffermandosi sulle letture liturgiche della domenica successiva. In questa seconda fase, che corrisponde alla tradizionale via illuminativa, i Viandanti del Cammino di Betlemme approfondiscono ulteriormente la conoscenza della grazia e vocazione battesimale, attraverso incontri formativi sui sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione.

3.3. Pozzo dei Magi

L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: / quando verrò e vedrò il volto di Dio? (Sal 42,3). Continuando a seguire la rilettura simbolica dei luoghi, avvicinandoci sempre più alla santa Grotta, ci troviamo davanti al cosiddetto Pozzo dei Magi, dove, secondo la tradizione, la luce della stella rimase riflessa, indicando ai Magi il luogo della nascita di Gesù: «sul lato settentrionale della grotta c’è un pozzo senza fondo, e nell’acqua del pozzo si vede la stella che fu compagna dei Magi» (secondo la testimonianza di Epifanio, monaco del secolo XI). Il pozzo rappresenta il luogo e il tempo in cui l’anima si pone ad ascoltare ancora più in profondità i desideri che Dio ha seminato nel suo cuore, ponendosi nell’atteggiamento più disponibile per aprirsi ad accogliere il dono della via unitiva. Riscoprendo in piena consapevolezza il dono personale dello Spirito, ricevuto nel sacramento della Confermazione, l’anima si prepara a discernere, alla luce della presenza intima del Paraclito, la missione che Dio le ha consegnato nella Chiesa.

Il cammino percorso fin qui ha già una sua struttura completa e potrebbe essere sufficiente per chiunque decida di fermarsi su questa soglia. Chi si mantiene fedele nella preghiera giornaliera al silenzio di contemplazione nella Pustinia e vive lungo la settimana le quattro grotte in relazione alle letture della domenica, raggiunge un rinnovamento spirituale interiore che gli permette di condurre la propria vita di fede con maggiore consapevolezza e riconoscenza verso Dio. Ma l’esperienza di preghiera vissuta può suscitare nel cuore il desiderio di una totale riconsegna a Dio della vita ricevuta, offrendosi a Lui nella diakonia della preghiera e offrendosi ai fratelli come sostegno e guida per iniziare a comunicare, se lo desidera, il metodo dell’orazione delle quattro Grotte. Luogo simbolico per la consegna totale di se stessi è l’Altare dell’offerta.

4. Altare dell’offerta

[Gesù] seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,41-44). Giunta al termine del cammino formativo (dal Campo dei Pastori all’Alloggio dei Pellegrini e alla Fonte dei Magi), frequentando ogni giorno i luoghi di preghiera, vivendo un’adesione quotidiana alla volontà di Dio, l’anima può cogliere la mozione dello Spirito di consegnarsi, rinnovata, nelle mani del Padre. Per questo momento è opportuna una specifica preparazione, attraverso un ritiro di tre giorni, in una presentazione teologico-spirituale del Triduo Pasquale. Immergendosi nella Pasqua di Gesù, passaggio da questo mondo al Padre (Gv 13,1), i Viandanti si incamminano in una vita nuova, manifestando in forma ecclesiale la propria appartenenza al Cammino di Betlemme. Ispirati dall’episodio del Vangelo, sull’esempio della povera vedova che dà a Dio tutto quanto aveva per vivere, fanno il proposito di vivere la beatitudine della donazione generosa, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).

Il proposito della donazione generosa sull’Altare dell’offerta è sottoposto al discernimento sia del Viandante che dell’Amico dello Sposo, colui o colei che ne è stata la guida e l’accompagnatore. Il proposito di consacrazione all’Altare dell’offerta sarà fatto nelle mani di un presbitero di fiducia dell’Amico dello Sposo (2). Anche se l’Amico dello Sposo fosse un presbitero, la consacrazione non sarà fatta nelle sue mani, ma in quelle di un altro presbitero. I Viandanti, infatti, vengono presentati alla Chiesa perché ne accolga l’offerta; l’Amico dello Sposo ha portato a compimento il suo servizio, consegnando allo Sposo, tramite la sua rappresentazione sacramentale, il fratello o la sorella che ha seguito e accompagnato lungo il cammino. Questa donazione generosa, offerta sull’altare mistico alla presenza di Dio e in una modalità pienamente ecclesiale si esprime in modo particolare attraverso il silenzio, la preghiera e la misericordia. La modalità totale della donazione generosa assume una dimensione fortemente eucaristica, secondo le parole che Francesco di Assisi rivolge ai suoi frati: «Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre» (3).

Pur esprimendosi in un atto di consacrazione, la donazione generosa vuole conservare la propria modalità ecclesiale nel rispetto del valore specifico di ogni altra consacrazione canonicamente riconosciuta dalla Chiesa: i voti nella vita consacrata, la «quasi-consacrazione» nel sacramento del matrimonio (4), la consacrazione sacramentale nel ministero ordinato. In forza della consacrazione battesimale, a qualunque stato appartenga (5), il Viandante, nel discernimento operato con il proprio Amico dello Sposo, offre il proprio corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (cf Rm 12,1), in un radicale impegno di sequela Christi, attraverso le note sopra indicate, specifiche per questa consacrazione: il silenzio, la preghiera e la misericordia, diventando a tutti gli effetti Eremita interiore del Cammino di Betlemme. L’offerta sarà rinnovata di anno in anno, sempre nelle mani di un presbitero, rafforzandone in questo modo sia la dimensione ecclesiale che la fedeltà nell’impegno.

4.1. Il silenzio

Il silenzio è essenziale e va vissuto sia davanti a Dio che davanti agli uomini. Il silenzio davanti a Dio è la disponibilità continua all’ascolto, un abbandono obbediente alla voce dello Spirito, in piena umiltà, secondo l’esempio di Giovanni Battista, l’amico dello Sposo: Lui deve crescere io invece diminuire (Gv 3,30). Il silenzio davanti agli uomini evita ogni maldicenza e le discussioni inutili. La parola viene usata per esortare, consolare o consigliare sulle vie di Dio: Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca ma piuttosto parole buone che possono servire per una edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo (Ef 4,29-32).

4.2. La preghiera

Lo stile di preghiera del Cammino di Betlemme resta sostanzialmente eremitico, teso ad alimentare ogni giorno una relazione profonda con Dio, in solitudine e raccoglimento. I tempi da dedicarvi si consolidano, variando a seconda della situazione oggettiva del proprio stato di vita. Così pure, si deve mantenere una certa flessibilità nella scelta di periodi attraverso i quali gli Eremiti interiori possono vivere esperienze prolungate di deserto o di pellegrinaggio, tese a rafforzare la propria vocazione o aprirsi a un discernimento ulteriore. Punto fermo resta il proposito di mantenere l’atteggiamento di donazione generosa nei tempi da dedicare alla preghiera, nella consapevolezza di aver ricevuto una missione particolare, che è il carisma proprio del Cammino di Betlemme: Essere preghiera nel mondo, pregare e orientare coloro che lo desiderano alla preghiera. Infatti, con l’altare dell’offerta ogni Eremita interiore si riconosce chiamato a donare tempo alla preghiera, vivendo uno spreco sacro per amore del Signore Gesù e dei fratelli, riempiendo tutta la casa dell’aroma di quel profumo (cf Gv 12,3), sentendosi chiamati a ungere il Corpo mistico di Cristo, come ministero particolare.

Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me (Mc 14,3-6).

4.3. La misericordia

Attraverso l’esperienza della preghiera nella Grotta degli Innocenti e la costante contemplazione nella Pustinia, gli Eremiti interiori hanno già elaborano un percorso di guarigione e di riconciliazione profonda, con sé stessi e con gli altri. Pertanto, adesso sono pronti per impegnarsi a vivere come «porte di misericordia», che nel perdono e nell’accoglienza gratuita desiderano rivelare il Volto misericordioso di Dio in ogni ambito: Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36).

Così, sul fondamento dell’Altare dell’offerta, abbandonati allo stile di vita della donazione generosa gli Eremiti interiori vivranno la propria collocazione nel Corpo mistico di Cristo, secondo lo stato di vita in cui si trovano. Questa collocazione riflette in modo particolare la dimensione escatologica della Chiesa, perché nasce dalla consapevolezza di sentirsi chiamati a realizzare in loro stessi l’avvento del Regno di Dio, nell’invocazione sponsale che sigilla la Scrittura: «Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!» (Ap 22,17). Il particolare stato di vita degli Eremiti interiori viene indicato attraverso il nome simbolico di due grotte, che mostrano un significato particolare della loro vocazione specifica, da coniugati o consacrati.

5. Grotte dove vivere stabilmente secondo la propria vocazione personale

5.1. Grotta di san Giuseppe

Gesù rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne». Dunque, l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto (Mt 19,4-6). Gli Eremiti interiori del Cammino di Betlemme coniugati si collocano nella grotta di san Giuseppe, cercando di approfondire la propria vocazione al matrimonio, attraverso catechesi e incontri formativi appropriati. Sull’esempio di san Giuseppe, custodiscono la presenza del Signore nella vita propria, del coniuge e dei figli, attraverso il buon esempio e la preghiera, per la quale i tempi da dedicarvi varieranno a seconda delle occupazioni personali e non dovranno mai far trascurare i doveri familiari. Momenti di preghiera strettamente eremitici sono quelli della Grotta degli Innocenti e della Pustinia, mentre gli altri possono anche essere vissuti insieme agli altri familiari, realizzandone il segno di Chiesa domestica.

5.2. Grotta di santa Paola ed Eustochio

Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’ vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» (Mc 10,21) (6). Questa grotta è riservata a consacrati, religiosi e ministri ordinati che si sentono chiamati ad un profondo cammino di unione attraverso questa spiritualità, volendo ravvivare e rigenerare la propria consacrazione. Appartengono a questo gruppo anche coloro che scoprono la vedovanza come vera chiamata (7). Per coloro che sono in ricerca della propria vocazione, il Cammino di Betlemme, vissuto in questa fase, può diventare un percorso di ulteriore e più profondo discernimento.

6. La Via del Silenzio

Dopo l’Altare dell’Offerta, gli Eremiti interiori potranno compiere un percorso ulteriore chiamato Via del Silenzio, costituito da cinque Custodie del Silenzio incentrate sulla figura di san Giovanni Battista, vissute in più rigoroso silenzio, per scoprire la propria vocazione personale, il nome nuovo, ossia la propria identità cristica. Per il gesuita p. Herbert Alphonso, si tratta di «una sfaccettatura della personalità di Gesù Cristo, un volto di Gesù Cristo, che è proprio di ciascuno di noi, in modo che ognuno di noi può in tutta verità parlare del mio Gesù non soltanto in modo devoto, ma in profondo senso teologico e dottrinale». Al termine della Via del Silenzio, si potrà sentire la chiamata a diventare Amici dello Sposo, cioè accompagnatori spirituali per chiunque desidera intraprendere il Cammino di Betlemme. Potranno organizzare in luoghi adatti gli incontri formativi, cioè le Custodie del Silenzio Straordinarie di cui hanno fatto esperienza, già codificate e pronte per essere proposte, vivendo così il carisma proprio del Cammino di Betlemme, ossia l’Apostolato della contemplazione.

7. La Grotta del Bagno del Bambino

Il Signore tuo Dio ti ha portato come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete fatto, finché siete arrivati qui (Dt 1,31). La Grotta del Bagno del Bambino è una grotta semisconosciuta alla stragrande maggioranza dei pellegrini. Si trova posta dietro la grotta della Natività. Nel Cammino di Betlemme rappresenta la graduale consapevolezza dell’anima che si scopre immersa (battezzata) in Cristo. In questo luogo spirituale, l’Eremita interiore vi giunge attraverso un cammino nuovo, nello Spirito Santo, guidato alla più profonda unione con la santissima Trinità, perfezionando la propria vocazione personale. Entrare nella Grotta del Bagno del Bambino non dipende dalla volontà umana, ma dal dono che Dio può fare nella profondità della preghiera. L’anima arriva a questa grotta solo per grazia. Non sa quando e come questo potrà accadere. Può solo cercare di comprendere quale sia il suo Gesù, per vivere fino in fondo la propria identità cristica e portarla a compimento nell’adesione sempre maggiore al mistero divino che la trasforma. Allora, in quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi (Gv 14,20).

Felice colui che porta nel suo intimo la croce, la risurrezione, il luogo della nascita e dell’ascensione di Cristo!

Felice chi ha Betlemme nel suo cuore, nel cui cuore Cristo nasce ogni giorno!

(San Girolamo)

 

NOTE:

  1. Il termine «anima», pur non essendo più di uso comune nella letteratura sarà spesso usato d’ora in poi. Ha il vantaggio di appartenere alla tradizione spirituale, indicando la persona nel suo rapporto con Dio al di sopra di ogni distinzione di genere. Con l’uso del termine non si vuole né sottovalutare la dimensione corporale nella relazione spirituale né, tanto meno, sposare una determinata antropologia dualista. Nell’ambito dell’antropologia paolina il nostro termine «anima» trova il suo analogo in «spirito», più che nelle altre due denominazioni: Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo (1Ts 5,23).
  2. Si accoglie qui il Magistero di Giovanni Paolo II, per il quale ogni presbitero è chiamato ad essere immagine di Cristo Sposo: «In forza della loro consacrazione, i presbiteri sono configurati a Gesù Buon Pastore e sono chiamati a imitare e a rivivere la sua stessa carità pastorale. Il donarsi di Cristo alla Chiesa, frutto del suo amore, si connota di quella dedizione originale che è propria dello sposo nei riguardi della sposa, come più volte suggeriscono i testi sacri. […] Il sacerdote è chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo Sposo della Chiesa: certamente egli rimane sempre parte della comunità come credente, insieme a tutti gli altri fratelli e sorelle convocati dallo Spirito, ma in forza della sua configurazione a Cristo Capo e Pastore si trova in tale posizione sponsale di fronte alla comunità. (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, n. 22).
  3. Ecco il contesto preciso: «Tutta l’umanità trepidi. L’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. / O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui vostri cuori: umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre» (Francesco d’Assisi, Lettera a tutto l’Ordine, 26-29 = Fonti Francescane 221).
  4. «Per questo motivo i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 48).
  5. Naturalmente, secondo l’appartenenza ad uno stato di vita, per consacrarsi nella donazione generosa sarà necessario il consenso dei legittimi superiori canonici o del proprio coniuge.
  6. Cf anche «Colei che è veramente vedova ed è rimasta sola ha messo la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte» (1Tim 5,5).
  7. La proposta è in sintonia con il Magistero della Chiesa: «Un simile esempio è offerto in altro modo dalle persone vedove e da quelle non sposate, le quali pure possono contribuire non poco alla santità e alla operosità della chiesa» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 41); «La vedovanza, accettata con animo forte come continuazione della vocazione coniugale, sarà onorata da tutti» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, n. 48).