Grotta del Latte, Maria

Cenni storici

A Betlemme c’è una grotta situata ad est della Chiesa della Natività, conosciuta come Grotta del Latte. La tradizione racconta che, durante la fuga in Egitto, la Sacra Famiglia si sia fermata lì e che mentre la Madonna allattava il bambino Gesù, una goccia di latte cadde su una roccia che divenne completamente e immediatamente bianca.

Cosa significa per gli Eremiti interiori del Cammino di Betlemme

Dalla Regola (1.2.2):

 «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore (Lc 2,19). 

La grotta rappresenta la preghiera mariana. Con essa l’anima si intrattiene in compagnia della Madre di Dio per impararne le virtù e lo stile di vita. Maria è modello principale per chi percorre questo cammino. Qui inizia a vivere la preghiera del rosario in modo contemplativo, interiorizzando i misteri della vita di Gesù e della Madre sua nella propria esperienza di vita».

Come vivere questa grotta

Stai davanti a un’icona di Maria: cinque minuti per trovare il silenzio interiore.

Nell’icona davanti a te c’è la misteriosa presenza di Maria che vi è raffigurata. Descrivi i sentimenti che noti in Lei e lasciati “nutrire” dalle virtù che la Madre desidera comunicarti in questo tempo di contemplazione. Leggi poi una preghiera mariana, meditandola attentamente, al termine della quale puoi iniziare il rosario interiorizzato, tipico dello stile degli Eremiti interiori del Cammino di Betlemme.

Il senso del rosario interiorizzato

San Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae invita a pregare il Rosario come un autentico momento di contemplazione: 

Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore (RVM 1).

Sulla scia di questo invito, vediamo come sia possibile trovare in questa preghiera mariana lo spunto per interiorizzare i venti Misteri affinché il Verbo fatto carne possa assumere in sé anche la nostra vita per guarirla e purificarla. Alla preghiera del Rosario infatti è stata attribuita una valenza teologica che alla devozione conferisce fondamento, ampiezza e partecipazione (Elio Guerriero). Di fatto, nella preghiera del Rosario entriamo a far parte della risposta di Maria-Chiesa, del suo modo di essere obbediente di fronte al mistero di Dio, di accogliere e di donare il Figlio, senza pretendere di trattenerlo per sé (Elio Guerriero). La vita del Figlio di Dio incarnato e di sua Madre presenta le dinamiche di una normale vita umana, tanto che Gesù a Nazaret rimane una sorta di “uomo della porta accanto”: Non è costui il falegname, il figlio di Maria, fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? (Mc 6,3) e il Concilio Vaticano II afferma che 

il Figlio di Dio […] ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo dalla Vergine Maria, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato (GS 22). 

Su questa base, lasciamo che le parole di vita eterna (Gv 6,68) enunciate nei misteri del Rosario raggiungano la nostra storia personale, affinché lo Spirito possa condurci alla gioia della Resurrezione. 

L’essere-prima della Madre, che fa parte dell’apertura della strada tra Dio e noi, non indica l’isolamento di lei, ma lo schiudersi della possibilità che anche noi diventiamo capaci di dire di sì a Dio, che il Verbo arrivi sino a noi e, in lui, noi arriviamo sino a Dio:  «Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte! Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,27-28).  «Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, mia sorella e madre» (Mc 3,35) (H.U. von Balthasar, Il Rosario – La salvezza del mondo nella preghiera mariana, Ed. Jaka Book, pag. 10).

All’inizio della preghiera quindi presentiamo al Signore un momento particolare del nostro vissuto: qualcosa che ci pesa, una ferita, un rimpianto oppure una gioia; tutto ciò che per noi ha avuto importanza, in bene o in male. Concentriamoci su quel momento preciso e uniamolo all’esperienza umana del Figlio di Dio, Gesù di Nazaret, aiutati dalla sua Santa Madre, chiedendo di comprenderci, di guidarci, di guarirci: 

Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno (Eb 4,15-16).

Come pregare il rosario interiorizzato

Soffermati davanti al mistero enunciato, chiudi gli occhi, liberati dai pensieri ed entra in intimità con Dio che abita in te. Fai memoria del tuo Battesimo: vivi la preghiera come figlio di Dio. Il tuo corpo sia tutto predisposto per entrare in quel mistero, per diventarne parte, come Maria.

Lei è la Discepola del Figlio, Lei dà l’esempio più limpido di sequela. Fai un atto di fede, come Maria, per credere nella Parola: la fede conduce alle cose invisibili e le rende chiare alla mente.

Fai scivolare dentro di te la Parola: si trova già scritta nel tuo cuore, ora deve giungere alla coscienza per essere compresa pienamente.

Unisci quindi ogni mistero con una tua esperienza vissuta, passata o presente: la vita di Gesù contemplata attraverso l’esperienza di Maria raggiunge la tua storia personale e la illumina, la risana e ti offre occasione per fare discernimento.

Fissa adesso lo sguardo su Maria che pronuncia il suo Amen e resta in silenzio lasciando che lo Spirito ti parli nel cuore.

Padre Nostro

Vivi la preghiera del Padre Nostro come figlio consapevole di avere Dio come Padre, partecipando ad una fraternità universale che non ha confini di spazio o di tempo. Maria recita con te la preghiera che ci ha consegnato Gesù.

10 Ave Maria

Lascia che la Parola enunciata nel Mistero ti raggiunga sempre più in profondità e inizia a invocare l’aiuto di Maria, Madre di Dio e della Chiesa, per lasciarti guidare da Lei verso il pieno abbandono alla grazia divina, che vuole unirti sempre più a Cristo, tuo Fratello, Maestro e Sposo. Durante la preghiera Maria ti ascolta con attenzione e presenta al Figlio le tue necessità.

Gloria 

Al termine delle 10 Ave Maria fai silenzio e immergi corpo, mente e cuore nell’abisso del Dio-Amore che ti abita: la Trinità. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo…

Ora tutto si compie: Maria ti guarda e ti tiene tra le braccia nell’Unità Trina, in un’esperienza di Eternità … Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Al quinto mistero puoi decidere di fare un piccolo proposito per approfondire e migliorare il tuo rapporto con il Signore e con il prossimo prendendo spunto dall’invito che Maria rivolge nel capitolo secondo del vangelo di Giovanni: Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5), 

La Parola di Dio ha illuminato la tua storia, ti ha fatto comprendere che la vita ha senso solo quando metti Dio al primo posto, come insegna Maria. Lascia che questa preghiera ti aiuti a compiere scelte di fede autentica, consapevole che la Misericordia e l’Amore di Dio ti sostengono in ogni istante.

Insieme con l’angelo noi possiamo salutare Maria per ordine di Dio e, insieme con Elisabetta, proclamarla continuamente beata perché «Dio è con lei» e in tal modo introdurci, pregando, nella sua risposta al Verbo divino, nel suo consenso, che non è più rivolto a lei, ma a Dio, insieme con lei. L’Ave Maria è l’addestramento e integrazione nella preghiera mariana-ecclesiale. Anche la preghiera liturgica della Chiesa è sempre – manifestamente o nascostamente, consapevolmente o inconsapevolmente – una preghiera mariana. Malgrado ciò su questa terra non raggiungiamo mai la perfezione di Maria: nella sua qualità di con-condizione per la via di Cristo, ella non è solo esemplare, ma tipica, perciò dobbiamo implorare sempre la sua intercessione: «…adesso e nell’ora della nostra morte», ossia in ogni istante della nostra vita, durante la quale noi rimaniamo in uno stato di insoddisfazione, non di appagamento, e in quell’ora nella quale siamo finalmente spinti per forza al di là della via che porta a Dio, in quel trapasso doloroso e beato nel quale dobbiamo imparare, bene o male, «come attraverso il fuoco», il consenso perfetto. Noi viviamo in vista di quell’ora, ci addestriamo per essa come credenti; e, se Maria non si è esercitata se non come orante nel suo consenso, noi siamo più che mai capaci di prestare in nostro consenso con le nostre forze, ma dobbiamo ricorrere con riconoscenza a lei che ha potuto farlo effettivamente. Perciò si può sempre attaccare direttamente alla fine del saluto – «adesso e nell’ora della nostra morte» – un altro inizio – «Ave Maria». (Ibidem pag.11-12)

Esercizio spirituale

Stai davanti all’icona di Maria: 5 minuti per trovare silenzio interiore

Descrivi i sentimenti che noti in Lei:

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Lasciati nutrire dalle sue virtù e leggi lentamente questa preghiera:

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,

Santa Madre di Dio:

non disprezzare le suppliche

di noi che siamo nella prova,

ma liberaci da ogni pericolo,

o Vergine gloriosa e benedetta. Amen

Rosario interiorizzato – Misteri del dolore

Il Rosario sceglie alcuni momenti della Passione, inducendo l’orante a fissarvi lo sguardo del cuore e a riviverli (…)  I misteri del dolore portano il credente a rivivere la morte di Gesù ponendosi sotto la croce accanto a Maria, per penetrare con Lei nell’abisso dell’amore di Dio per l’uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice (RVM 22).

I Mistero del dolore: Gesù prega nell’orto del Getsemani

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,36-41).

Pensa a un evento doloroso che ti ha afflitto in passato o che stai vivendo… Gesù è nel Getsemani anche per questo tuo dolore, per questa tua prova e ti sostiene con la forza del suo amore…

II Mistero del dolore: La flagellazione di Gesù

Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mc 15, 12-15).

Questa tua sofferenza a volte non è compresa, addirittura è provocata proprio da chi ti sta accanto, che ti colpisce, ti flagella …

III Mistero del dolore: Gesù è incoronato di spine

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo (Mt 27, 27-30).

Anche i tuoi pensieri diventano come spine pungenti che ti vorrebbero far fuggire dalla realtà per cercare solo illusioni o menzogna …

IV Mistero del dolore: Gesù percorre la via del Calvario carico della croce

Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo (Mc 15, 20-21).

Simone di Cirene, che tornava stanco dal suo lavoro nella campagna, è stato costretto a portare la croce di Gesù: quanto dolore ha provocato questa costrizione … eppure puoi pensare che anche tu, con le tue sofferenze vissute in unione con Gesù, sei diventato un altro Cireneo …

V Mistero del dolore: Gesù muore sulla croce

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».

Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,33-47).

Come abbiamo già detto, il quinto mistero ti invita a formulare un piccolo proposito.

Di fronte alla sofferenza è possibile vivere i due atteggiamenti dei malfattori crocifissi con Gesù: il primo bestemmia, l’altro accoglie il proprio dolore e lo offre al Signore.

Puoi scegliere chi essere in ogni momento, sapendo che l’offerta del tuo dolore può diventare una porta aperta per il Cielo: oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43) …

Salve Regina

Dalla Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate di Papa Francesco

Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo (GE 9).

 Tale missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua vita. Consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale, nel morire e risorgere continuamente con Lui. Ma può anche implicare di riprodurre nella propria esistenza diversi aspetti della vita terrena di Gesù: la vita nascosta, la vita comunitaria, la vicinanza agli ultimi, la povertà e altre manifestazioni del suo donarsi per amore. La contemplazione di questi misteri, come proponeva sant’Ignazio di Loyola, ci orienta a renderli carne nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti. Perché «tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero», «tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre», «tutta la vita di Cristo è mistero di Redenzione», «tutta la vita di Cristo è mistero di ricapitolazione», e «tutto ciò che Cristo ha vissuto fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che Egli lo viva in noi» (GE 20).

Momento di contemplazione

Adesso rimani in silenzio e pensa al cammino fatto con Gesù: è il cammino della tua vita. Se ti può aiutare, segui questa breve traccia.

Immagina di aver fatto un lungo cammino: i due scarponi che ti hanno portato si chiamano fiducia e desiderio. Il bastone che ti ha protetto e sorretto si chiama silenzio. Al termine di una salita giungi a una porta di cui hai la chiave: è la chiave del tuo cuore. Tale chiave è in duplice copia: una l’hai tu, l’altra il Signore. Aperta la porta, trovi Gesù che ti attende con una gioia infinita. Pensa di salutarlo, di guardarlo negli occhi e, soprattutto, di farti guardare profondamente: mostra a Lui anche quella parte di te che facilmente nascondi agli altri. Dopodiché porgi a Gesù un dono, qualcosa che sia veramente tuo. Poi affida al Signore la “folla” dei tuoi pensieri. Come nel Vangelo infatti troviamo la folla che scoraggia, così c’è una “folla interiore” di pensieri che tendono a infastidire il silenzio, il colloquio con Dio. Chiedi inoltre a Gesù la grazia che ti sta a cuore con la certezza che Lui farà di tutto per esaudirla, se questa è per il bene della tua anima. Dopo questi preliminari, pensa che il Buon Signore ti prende per mano e ti conduce nella preghiera profonda. Cammini con Lui lungo un corridoio che conduce a uno splendido giardino. Questo luogo meraviglioso parla della tua storia d’amore con Gesù. Ogni pianta che vi si trova è stata piantata insieme al Signore nelle diverse esperienze di fede fatte con Lui, consapevolmente o inconsapevolmente. C’è, ad esempio, l’albero della carità colmo di buoni frutti, il cui seme è il dolore. Poi c’è la pianta dell’umiltà, la cui origine è l’insieme dei tuoi errori, capiti, accettati, perdonati. Poi il rigoglioso albero della preghiera seminato nel desiderio di Dio; c’è poi la pianta di nardo, la cui origine è il tempo “sprecato” per il Signore. Infine, attraverso un sentiero, il giardino conduce alla contemplazione del volto del Padre che puoi vedere stando tra le braccia di Gesù, nella luce dello Spirito Santo.