Grotta della Natività, la Contemplazione

Cenni storici

La basilica della Natività è una basilica di Betlemme eretta nel luogo dove un’antica tradizione ricorda la nascita di Gesù. È costituita dalla combinazione di due chiese e da una cripta, la grotta della Natività.

Nella grotta si evidenziano due zone distinte: il luogo della nascita di Gesù, simbolicamente segnato da una stella d’argento in cui è incisa in latino la frase «Qui dalla Vergine Maria è nato Cristo Gesù», e la mangiatoia in cui Maria avrebbe deposto il bambino Gesù subito dopo la nascita.

Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’alloggio (Lc 2, 6-7).

Da notare che in greco la parola alloggio, ossia Kataluma è la stessa che l’evangelista Marco ha usato per indicare la stanza al piano superiore, il cenacolo, il luogo che Gesù ha preparato per noi. 

Cosa significa per gli Eremiti interiori del Cammino di Betlemme

Dalla Regola (1.2.4):

«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia […] perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is 9,1-2a.5a). 

Questa grotta è il luogo della preghiera profonda, dove ogni parola cessa e rimane solo il silenzio: Sto in silenzio, non apro bocca perché sei tu che agisci (Sal 39,9). Nella basilica della Natività a Betlemme (una delle grotte che all’inizio del cristianesimo venivano definite luminose o mistiche) si entra dalla porta detta dell’umiltà (misura infatti cm. 130 di altezza e 78 di larghezza). In quella grotta si può entrare solo inchinandosi davanti a Dio con spirito di adorazione, come fecero i Magi: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11). Il gesto fisico con cui si entra esprime il senso spirituale della grotta. Questo è il luogo della preghiera silenziosa, quando l’anima vive un abbandono fiducioso all’amore di Dio e sceglie la parte migliore, che non le sarà tolta (Lc 10,42). Si intendono per Grotta della Natività tutti quei luoghi dove è possibile vivere questo tipo di preghiera: una chiesa, un santuario, un angolo della casa o della propria camera. La tradizione dei cristiani di oriente li definisce col nome di Pustinia (deserto). In questi luoghi, con spirito eremitico, l’anima vive l’incontro intimo con Dio in un’esperienza di misericordia e rigenerazione».

Una delle fonti di ispirazione di questa parte del cammino è Catherine de Hueck Doherty, che ha scritto il libro Pustinia: le comunità del deserto oggi, dove ne spiega il significato: 

E non illudiamoci, una pustinia non è sempre necessariamente in campagna, non è sempre una capanna di tronchi, o una casa colonica coperta di assicelle di legno come quella che abbiamo a Madonna House. No, questo sarebbe un falso concetto della pustinia -del deserto-, perché il deserto, la pustinia, può trovarsi in qualsiasi posto, perché sostanzialmente interiorizzata. Se disponete di una camera o di un ufficio in casa vostra, andrà benissimo. Il deserto vi spoglierà veramente. Anche il Signore del deserto farà questo. Voi sarete veramente tentati come lui è stato tentato. Soffrirete come ha sofferto lui, ma sarete anche riempiti di tranquillità – la tranquillità dell’ordine di Dio (pag. 54).

Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore (Os 2,16).

Poiché Dio cerca una relazione di amore con ogni uomo o donna, questa relazione ha bisogno di silenzio, pace, tranquillità: il deserto diventa lo spazio privilegiato in cui l’anima può donarsi profondamente al Dio-Amore, spogliandosi di tutto e lasciandosi condurre dallo Spirito ad una completa trasformazione, poiché la Parola di Dio accolta nel cuore è deserto che fiorisce: 

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa (Is 35,1).

Per questo motivo la Pustinia può essere chiamata “Giardino”, a seconda delle esperienze che lo Spirito Santo suscita attraverso la preghiera. Di fatto è un luogo in cui si crea un dialogo da solo a Solo, tra l’orante e Dio. 

Occorre avere dei luoghi fissi per la preghiera, poiché il raccoglimento esteriore aiuta il raccoglimento interiore e fa maturare lo spirito di adorazione. Questo percorso infatti intende aiutare il passaggio dal “recitare preghiere” all’arte della preghiera, che è sostanzialmente far agire lo Spirito Santo ricevuto nei Sacramenti. Per questo è consigliabile scegliere tre luoghi in cui stabilire questa relazione con Dio:

  1. In casa propria, dove poter pregare appena se ne ha la possibilità, componendo un «angolo di preghiera» (Pustinia) con un’icona, un crocifisso, una candela, la Bibbia …
  2. In una Chiesa vicino casa o nei pressi del lavoro, in modo da poter partecipare alla santa Messa e vivere la preghiera personale con facilità.
  3. In una Casa di preghiera dove vivere una o più giornate di ritiro: un luogo di accoglienza spirituale dove potersi fermare più a lungo per fare discernimento sulla propria esperienza spirituale.

Dall’Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate di Papa Francesco

Infine, malgrado sembri ovvio, ricordiamo che la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione. Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio. E’ uno che non sopporta di soffocare nell’immanenza chiusa di questo mondo, e in mezzo ai suoi sforzi e al suo donarsi sospira per Dio, esce da sé nella lode e allarga i propri confini nella contemplazione del Signore. Non credo nella santità senza preghiera, anche se non si tratta necessariamente di lunghi momenti o di sentimenti intensi. (GE 147) Ciò nonostante, perché questo sia possibile, sono necessari anche alcuni momenti dedicati solo a Dio, in solitudine con Lui. Per santa Teresa d’Avila la preghiera è «un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d’essere amati». Vorrei insistere sul fatto che questo non è solo per pochi privilegiati, ma per tutti, perché «abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata». La preghiera fiduciosa è una risposta del cuore che si apre a Dio a tu per tu, dove si fanno tacere tutte le voci per ascoltare la soave voce del Signore che risuona nel silenzio. (GE 149) In tale silenzio è possibile discernere, alla luce dello Spirito, le vie di santità che il Signore ci propone. Diversamente, tutte le nostre decisioni potranno essere soltanto “decorazioni” che, invece di esaltare il Vangelo nella nostra vita, lo ricopriranno e lo soffocheranno. Per ogni discepolo è indispensabile stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui, imparare sempre. Se non ascoltiamo, tutte le nostre parole saranno unicamente rumori che non servono a niente. (GE 150)

Come vivere questa Grotta

Dopo aver trovato un posto tranquillo e una posizione comoda chiudi gli occhi e rilassa il corpo e la mente. Inizia a respirare lentamente e a percepire il battito del tuo cuore. Allontana ogni pensiero e ogni preoccupazione, ora hai un appuntamento importante col tuo Signore: pensa solo a Lui perché ti sta aspettando con grande gioia. 

Entra pian piano in te stesso e comincia a guardare dentro di te con molta serenità, senza farti domande. Rilassati completamente. 

Proposte di preghiera

  • Nella prima proposta si fa un esempio dell’uso del dono che Dio ha fatto di immaginare e si definisce “costruzione di una realtà”. Come hai già potuto sperimentare nelle Grotte precedenti, puoi seguire questa breve traccia:

    Immagina di essere nel deserto. Percepisci la mancanza di tutto, il vuoto si apre davanti a te, ti ritrovi veramente solo. Senti il calore del sole che brucia durante il giorno e la notte il gelo ti fa tremare. Il silenzio si fa minaccioso e cominci ad ascoltarti dentro: trovi cose che non ti piacciono, che non vorresti vedere, eppure esistono e fanno parte della tua vita. Vorresti fuggire, ma il deserto non è fuori di te: si trova dentro il tuo cuore e ti fa paura. E’ quel luogo «oscuro» che ti appartiene, dove si muovono animali striscianti come serpenti, che sono i tuoi pensieri, i tuoi giudizi, i tuoi peccati. Oppure come scorpioni, che tentano di pungerti, come i sensi di colpa, i fraintendimenti, le rotture, la rabbia che senti a volte crescere dentro di te.

    Eppure in questo luogo così inospitale e duro c’è una Luce, c’è una Voce che ti chiama a vedere la tua verità e ad amarla: è Dio che ti sta conducendo, è lo Spirito Santo che ti raccoglie e ti tiene stretto. Malgrado la solitudine non sei solo: le cose passate dolorose si sciolgono al calore della Presenza divina e prendono un senso, hanno un valore perché tu sei prezioso agli occhi di Dio (cfr. Is 43,4). Nella foschia del deserto inizia a profilarsi un’immagine: è l’Oasi della Misericordia. La Croce del Signore Gesù ti afferra, ti raggiunge in ogni luogo oscuro della tua anima, risplende al di sotto di ogni tua caduta: il tuo abisso ora è illuminato, Cristo ti ha preso per mano e ti fa risalire, ora il deserto è colmo della sua Gloria, è diventato un giardino: Lui è in te e tu sei in Lui…

  • Fai la “Cura del Sole”: stai in silenzio davanti al Signore senza pensare a nulla, lasciando agire soltanto lo Spirito Santo.
  • Rifletti sulla meditazione avvenuta nella Grotta di san Girolamo (se è stato possibile farla precedentemente), realizzando così la cosiddetta Orazione Mentale che è l’unione della meditazione della Parola di Dio e della contemplazione che ne segue. La prima fase è attiva (meditazione), chiamata Grotta di san Girolamo e la seconda è passiva (contemplazione), chiamata Grotta della Natività o Pustinia. 
  • Molto efficace, e di grande bellezza, è la cosiddetta «preghiera di Gesù», consigliata dai Padri del Deserto e diffusa grandemente attraverso il libro dei Racconti di un pellegrino russo.   Può essere fatta nella Grotta della Natività, nel silenzio, ripetendola lentamente, per farla entrare sempre più in profondità. Il nome di Gesù è Salvezza, guarigione, luce, discernimento, pace, gioia: è la sua stessa Presenza:  Il suo Nome è il solo che contiene la Presenza che esso significa. Chiunque invoca il suo Nome accoglie il Figlio di Dio che lo ha amato e ha dato se stesso per lui (CCC 2666).

    Questa breve preghiera racchiude in sé tutto: il riconoscimento della messianicità e della divinità di Cristo, il suo Santissimo Nome che è Salvezza (Gesù = Dio salva) e il riconoscimento dello stato di peccatori bisognosi di pietà e di misericordia da parte del Salvatore. La preghiera di Gesù ha varie versioni, alcune più brevi, altre più articolate. Può essere scelta tra le seguenti tipologie: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore – Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me povero peccatore! – Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me. Quest’ultima versione è la più praticata poiché racchiude la completezza della fede cristiana, ma anche la brevità della formula che aiuta la concentrazione. Vi sono alcuni che consigliano di legare ad essa il respiro: inspirare durante le parole Signore Gesù Cristo, per riempirsi della sua Presenza, ed espirare pronunciando: Abbi pietà di me per liberarsi da ogni peccato ed egoismo.

    Questa forma di preghiera è detta Esicasmo, che significa calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione. 

  • Contempla la creazione: recati in un giardino, in un bosco, in montagna, al mare, in un luogo tranquillo immerso nella natura, dove poter passeggiare e rimanere ad osservare con attenzione e riconoscenza le opere di Dio, sentire di farne parte, sull’esempio del Cantico delle creature di San Francesco di Assisi.
  •  
  • Preghiera per eccellenza è la Liturgia delle Ore, da vivere in modo contemplativo. È necessario assorbirla lentamente pensando che sia lo stesso Gesù a pregare in noi nella Chiesa. Sant’Agostino dice a riguardo: (…) il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, sarà colui che prega per noi, prega in noi, è pregato da noi (dal Commento sui salmi). 

A queste proposte di preghiera si può aggiungere qualsiasi altro modo che lo Spirito ispiri al momento. Le suddette proposte non sono incompatibili fra di loro: si può ad esempio iniziare con la Preghiera di Gesù, continuare con la Costruzione di una realtà per poi concludere con la recita dell’Ufficio Divino secondo l’orario della giornata, pregato con calma e con spirito di contemplazione.

Ed eccomi qui a rispondere a chi mi ha chiesto di aiutarlo a cercare in città l’unione con Dio, l’intimità con l’Assoluto, la pace e la gioia del cuore, l’Invisibile presente, la realtà divina, l’Eterno. […] Come fare a vincere queste tenebre che opprimono l’uomo moderno? Come affrontare questo demone del mezzogiorno che attacca il credente nella maturità della sua esistenza? Non dubito nel dare una risposta che ho provato sulla mia pelle in un momento difficile della mia vita:

Deserto… deserto… deserto!

Quando pronuncio questa parola sento dentro di me che tutto il mio essere si scuote e si mette in cammino, anche stando materialmente immobile là dove si trova.[…] Per chi si lascia cogliere dallo Spirito che anima la Parola di Dio, “deserto” è la ricerca di Dio nel silenzio, è un “ponte sospeso” gettato dall’anima innamorata di Dio sull’abisso tenebroso del proprio spirito, sugli strani e profondi crepacci della tentazione, sui precipizi insondabili delle proprie paure che fanno ostacolo al cammino verso Dio. (pagg. 17, 18) (Carlo Carretto, Il deserto nella città di Carlo Carretto, Ed. San Paolo, pag. 17-18).